Tutto sembra dirci che c’è un’attesa che va oltre le aspettative e le tempistiche umane. C’è un compimento che non possiamo decidere noi perché ci viene dato.
Abramo deve aspettare lunghi anni nel buio della fede prima di poter gioire per la nascita del figlio promesso e atteso (Gen 15,1-6.21,1-3). Così Sara sperimenta la maternità promessa in età senile proprio quando, umanamente, non c’era più nulla da sperare (Eb 11,8.11-12.17-19).
Lo stesso Simeone, nel tempio di Gerusalemme, aspettava la consolazione per Israele prima di potersi abbandonare al sonno della morte. E così la profetessa Anna, ormai vedova da parecchi anni e anziana, attendeva il compimento delle profezie (Lc 2,22-40). Sono tutti personaggi che sanno attendere nella fede e che fanno ruotare la propria vita attorno ad una promessa di compimento.
Chi di noi non desidera un compimento per la propria vita? Chi preferisce la precarietà, l’incertezza e il vuoto per il suo futuro?
Oggi la sacra famiglia di Nazareth viene a testimoniare che esiste una promessa per le nostre vite. Loro stessi, che arrivano al tempio per fare ciò che qualsiasi altra famiglia ebraica avrebbe fatto, rimangono profondamente colpiti dall’esperienza di compimento che Simeone ed Anna vivono nell’incontro col piccolo Gesù. Attraverso di loro Maria e Giuseppe comprendono quanto sia entrato effettivamente nella storia di ciascuna persona il Mistero della nascita di Cristo. Lui, solo lui, è l’unica risposta alle nostre attese di felicità, ma nei tempi e nei modi che noi non immaginiamo.

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