1° gennaio: Solennità di Maria Madre di Dio – giornata della Pace

 

Quanta ricchezza nella liturgia e nella spiritualità di questa prima giornata dell’anno!

La Chiesa ci presenta il sorriso di una mamma, il sorriso di Maria, che ci accompagna per tutti i giorni dell’anno, Madre di Dio ma anche madre nostra, attenta e sempre presente.

La prima lettura ci consegna il volto benedicente di Dio: un Dio che “dice bene” di noi piuttosto che rinfacciarci le nostre debolezze, un Dio ahce ci sostiene e “non ci abbandona nella tentazione”. Un Dio che consegna la sua benedizione alla mediazione umana (Dio parla a Mosè, che parla ad Aronne, che parla ai sacerdoti, che benedicono il popolo) e perciò ci chiede di essere “benedicenti” gli uni gli altri:

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica il Signore e ti custodisca.

Il Signore faccia risplendere per te il suo volto

e ti faccia grazia.

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

Numeri 6, 22-27

 

Il Salmo 66 è ancora un augurio di benedizione:

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,

su di noi faccia splendere il suo volto….

 

E poi, la giornata della pace che ci impegna ad essere “artigiani di pace” (Papa Francesco ricorda spesso che la pace è un prodotto “artigianale” fatto di piccoli gesti). Anche se la pace non è opera nostra ma è anzitutto dono. La pace è una persona: Cristo

Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, … per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. (Ef 2, 14-16).

Gesù abbatte muri e distrugge l’inimicizia. Sono verbi forti (abbattere, distruggere) che Gesù compie non al di fuori di sé, ma “in se stesso”. A prezzo della sofferenza estrema della croce.

Come una madre che vede i suoi figli disuniti e ne patisce la divisone in se stessa, nelle sue viscere.

Così Gesù patisce in se stesso la divisione fra i suoi fratelli, e la sana “in se stesso”.

 

Ecco perché siamo chiamati a diventare “uno”, a far sì che le differenze non siano divisioni e contrapposizioni, ma “unità nella diversità”. È la vocazione della Genesi (2,24), ripresa nel Vangelo di Marco (10,8):

e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne.

 Non solo uomo e donna sono chiamati ad “essere uno”, ma giovane e anziano, matematico e filosofo, chi proviene dal nord e chi dal sud, chi è lento e chi corre sempre…

È possibile! Ma solo NELLA GRAZIA DI CRISTO e facendo opera artigianale, quotidiana…

 

Abbiamo un nuovo anno davanti: benedetto da Dio e con il sorriso di Maria!

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