Non basta essere chiamati al banchetto (Mt 22,1-14). Non basta neppure andare alle nozze e sedersi alla mensa del Signore che invita tutti, anche gli indegni, i buoni e i cattivi. Tutti.
Ma occorre indossare l’abito nuziale. O meglio, è necessario vestire l’abito nuovo, il manto della salvezza, la protezione di Dio, il suo Spirito. È la mano del Signore che si posa su coloro che lo accolgono come un padre e ne gustano la misericordia.
Nel libro dell’Apocalisse san Giovanni scrive che <> (Ap 19,8). La chiamata del Signore ad entrare e a partecipare del suo regno è un appello imprescindibile alla nostra libertà. Solo se si accoglie l’opera di salvezza di Dio che agisce nella nostra vita sarà possibile vivere una vera alleanza con lui. La veste nuziale è la grazia di Dio accolta dalla libertà dell’uomo e manifestata attraverso le proprie azioni. Solo così si comprende la meravigliosa espressione paolina <> (Fil 4,13).
Nella tradizione iconografica Maria è rappresentata rivestita da un mantello rosso, il colore della divinità. La madre del Signore, infatti, è colei che ha aderito alla grazia di Dio con la donazione accogliente di tutta se stessa. Si è rivestita di Cristo per donare al mondo Cristo stesso nella carne.
Nel linguaggio popolare si usa dire che l’abito non fa il monaco. Niente di più vero. Ma forse in questo caso dovremmo riflettere sul significato profondo che riveste l’abito nuziale di chi, invitato alla festa, comprende di essere indegnamente e gratuitamente chiamato e decide nel suo cuore di aderirvi con tutto se stesso.
Molti sono i chiamati, ma pochi eletti…