Nella liturgia di questa domenica, la Chiesa celebra i santi Pietro e Paolo: due testimoni molto diversi, ma uniti dalla stessa chiamata – rispondere con la vita alla domanda di Gesù. Pietro risponde con una fede impetuosa, fragile ma vera. Paolo risponde con l’offerta totale di sé, nell’annuncio e nel dono.
Entrambi hanno incontrato Cristo non solo con la mente, ma nella profondità del cuore. E a partire da quell’incontro, hanno potuto dire: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente», non come una definizione, ma come un’esperienza trasformante.
Anche oggi Gesù chiede la stessa cosa a ciascuno di noi. Ci rivolge ancora quella domanda:
«Ma voi… chi dite che io sia?»
Gesù non è interessato a sentire cosa dicono “gli altri”: le opinioni, i giudizi, i ruoli, le citazioni dal catechismo… La risposta non è un’affermazione dottrinale, né un concetto ben formulato.
Non ci chiede un’informazione su di Lui, ma ci invita a scoprirlo nella relazione viva, nel presente, nella nostra esperienza diretta.
A un certo punto del cammino, quindi, la domanda si fa personale.
«Ma tu… chi dici che io sia?» E si fa silenziosa. È qualcosa che si rivela nel silenzio, nella profondità del cuore che ascolta, nella relazione.
La preghiera è il luogo dove questa relazione si approfondisce. Nella meditazione silenziosa, quando il pensiero si acquieta e la parola si fa semplice – a volte ridotta a un solo nome, o a un respiro – la sua Presenza si fa chiara, reale, luminosa.
«Chi sono per te?» – non si risponde subito. Non dobbiamo forzare la risposta né affrettarla.
Si rimane con la domanda. La si lascia lavorare dentro, come un seme nella terra.
Solo così, pian piano, possiamo comprendere: non si tratta di sapere chi è Gesù, ma di diventare uno con Lui, radicandoci sempre più in quel luogo interiore dove tutto tace e tutto vive.

Suor Irena ( carmelitane di Firenze)

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