Chiamati perché amati da sempre

Suor Miriam Bo

“Sento la vocazione del sacerdote… Nonostante la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo. Vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome… una sola missione non mi basterebbe, vorrei al tempo stesso annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo… Vorrei essere missionaria… vorrei versare il mio sangue per te, fino all’ultima goccia… Finalmente trovai riposo… (S. Teresa di G. B.)

Quando ero piccola e giocavo sul terrazzo della mia casa – allora abitavo in campagna – sognavo che mi sarei sposata presto e che, da vera figlia unica, avrei formato una famiglia con tanti figli. Più grande, da adolescente, ai primi segnali di una voce, che poi riconobbi come quella di Dio, che mi parlava, desideravo condividere con gli altri il mio tempo, le mie cose, le mie conoscenze. Volevo diventare una brava educatrice, di più, volevo lavorare nel sociale, ancor più, volevo dedicarmi ai bambini soli e in difficoltà delle case famiglia. Gli anni passavano e anche mi pareva molto in fretta e l’inquietudine saliva. Sognavo di fare tante cose e il tempo non mi bastava mai e i luoghi neppure. Volevo essere in contemporanea in posti diversi, studiare con un’amica rimasta indietro con il programma, invitarne un’altra a casa, magari quella che gli altri prendevano più in giro, volevo fare volontariato circondata da tanti bimbi e ragazzi, volevo essere catechista, sognavo di partire per sempre.

Confusione o anelito di infinito? Pasticcio interiore o spinta verso l’oltre? S. Teresa di Gesù Bambino mi diede una risposta e mi indicò una strada, lei che desiderava essere tutto.

Avevo all’incirca quindici anni e intrapresi dritta la mia strada, decisa ad ascoltare quella voce di Dio che parlava alla mia vita e a conoscere Colui al quale quella voce apparteneva. Ed eccomi qui, oggi, consacrata, partita da casa poco più che maggiorenne, con l’anelito dell’infinito nel cuore e gli occhi spinti sempre verso l’oltre. Oggi più che mai convinta di essere dove Dio mi chiama, oggi come allora, chiamata ad essere con Colui che mi fa essere. Che cosa sono? Chi sono? Piccolissima creatura disegnata nel palmo della mano di Dio, semplicemente figlia di un Padre che da sempre mi ha amata e mai abbandonata.

E di tutte le cose che sognavo, quale di quelle si è realizzata? Tutte.

L’epilogo in una immagine: quella fiammella che arde perenne ai piedi di un tabernacolo; essa prende vigore dalla Sua presenza e si alimenta dal Suo amore infinito e gratuito e per fortuna mia e di tutti, essa non arde di luce propria ma della Sua e non arde da sola ma è l’espressione di una comunione che Dio dona ogni giorno a coloro che in Lui sono una cosa sola, la mia comunità. Tutto ciò che sono e faccio, poco o tanto, non hanno importanza. Ciò che conta è la luce!

La testimonianza di Beatrice che segue è frutto proprio di questo.

 

Dolore e silenzio, speranza ed attesa, sguardo che ritrova il suo Oltre…

Ritmi che rallentano, ritorno all’essenziale…

Il “buio”, non è non senso, ma camera gestazionale carica di Vita, ripartenza dai battiti del cuore, da una chiamata a “stare”, a fermarsi per guardare e rimanere in ascolto. Riabitare con più cura e senza vie di fuga la fratellanza più prossima, la più faticosa, ma anche quella che ci spinge alla donazione più gratuita, la più necessaria: gli occhi e le voci di casa…prima Eucarestia, carne viva di Cristo!    Tempo di isolamento e di Chiese chiuse questo, ma fucina di una ricchezza smisurata, grande opportunità! “L’opportunità di farci compiere un salto all’indietro, un by-pass di secoli per tornare all’origine, alle “domus ecclesiae” dei primi secoli, e cioè alla casa che diventa Chiesa”…. Questo è ed è stato il richiamo costante, negli anni, che ha sostanziato il lavoro delle nostre amate Suore Carmelitane, ma oggi arriva a toccare i vertici della più alta intensità, in una visione carica di profezia ed Eternità!  Infaticabili Angeli, che non hanno smesso di prodigarsi, di raggiungerci e donarsi in mille modi in questi “giorni senza”, aiutando quanto mai le famiglie a realizzare questo ritorno ad una forma di liturgia domestica. Una proposta semplice, ma urgente ed essenziale richiamo alla Vita Vera, che avrà, sempre e comunque, l’ultima parola…  Genitori e figli attorno alla tavola, piccolo ed umile altare della casa, il primo altare, lo stesso primo altare da sempre nei sogni del Padre…  Uno schema di Preghiera tutto incentrato sulla Parola, perché è arrivare a toccare la “fame” che ci spinge a cercare il cibo che sazia, che va dritto al cuore dei bisogni più profondi di ciascuno…  Così ho vissuto questi giorni la preghiera in famiglia…Ogni giorno quel “pane” faceva tremare le mie mani di Gioia nel portalo al centro della mensa… nel poter finalmente trovare il modo più bello per proporlo, sospinta e sostenuta da quelle mani più grandi di “madri” intente a profondere carezze, forza e coraggio, quei Doni Immensi intrisi di Luce, Amore e Preghiera che sono per me le suore, segni costanti di Pasqua.. Adesso so che posso…posso diventare io stessa pane buono per la fame dei miei cari…piccola tessera di una Chiesa rinnovata.

Beatrice, mamma di Antonio

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