Questa IV domenica di Quaresima, domenica della gioia (Laetare) è un giorno particolare.
Suona un po’ strano dire “domenica della gioia” nel tempo di Quaresima, tempo che ci fa riflettere sulla nostra povera condizione di peccatori, e soprattutto il tempo in cui ricordiamo la Passione e la morte del Signore Gesù.
Invece proprio la Chiesa ci sprona a questa gioia, perché è la gioia di essere misericordiati!
Il Vangelo di oggi ci mette davanti ad una storia normale di una famiglia buona, ricca, ma è anche una storia tragica.
Il figlio minore, forse anche il più amato e il più coccolato dal padre, lo vuole morto. Sì, lo vuole morto! Gli chiede la sua parte di eredità e con questo suo atteggiamento fa morire il padre che è ancora vivo.
Ma perché, non gli manca nulla e ora vuole di più? Questa domanda può risuonare nella nostra mente.
Il padre accetta di essere morto per il proprio figlio e gli dà quello che gli spetta, e con il cuore spezzato lo lascia andare. Il figlio deve fare le sue esperienze per poter crescere la sua identità e maturare la sua personalità. Potrebbe sembrare assurdo e invece è proprio così che si impara a valorizzare ciò che si ha. Solo sperimentando la propria miseria, la propria impotenza, la propria fragilità che si scopre quanto male si procura anzitutto a se stessi e poi agli altri. E questa consapevolezza, raggiunta dalla propria esperienza, porta a riconoscere l’errore e ci rende capaci di chiedere perdono e di perdonare.
Riconoscere il proprio errore e chiedere perdono è un passo molto coraggioso. Con che faccia torna, dopo tutto ciò che ha fatto al suo padre? Invece il padre pensa solo al figlio che ritorna, il resto non lo ricorda più. Il figlio che era morto è ritornato a vivere! Ma la gioia del padre non è condivisa da tutti, il figlio maggiore si mette a giudicare sia il fratello che il padre. “Questo tuo figlio”, non lo considera neanche come fratello, per lui non esiste più. Ed è triste questo! Non riconosce neanche il padre come padre, ma come suo padrone: “ti ho servito fedelmente in tutto e per molto tempo”. Si autoesclude dalla casa allo stesso modo del fratello minore e, non vuole entrarci per far festa, che sarebbe anche sua.
Il figlio minore, pensa a se stesso. Vuole solo avere dove dormire e mangiare altro non chiede.
Il figlio maggiore ha tutto questo, ma ci rinuncia perché troppo orgoglioso per entrare in casa dove non si sente padrone.
Il padre invece ama tutti e due e con tutte le sue forze cerca di mostrare il proprio amore a ciascuno dei figli in modo in cui hanno bisogno di sentirsi amati. Al primo apre l’abbraccio di accoglienza, all’atro fa ricordare che la casa è anche sua di cui anche lui è il padrone.
La parabola lascia aperto il finale, non ci dice cosa sia avvenuto dopo tra i fratelli. Unica cosa che ci lascia chiaro è che ognuno è amato dal padre e nonostante le fragilità, le imperfezioni, l’allontanamento… il padre ama, e lascia a ciascuno il tempo necessario per le esperienze e aspetta pazientemente.
Il Padre non è mai distante, indifferente e assente alle nostre sofferenze, anzi Egli soffre con noi in silenzio e attende il momento in cui ci decidiamo di tornare a lui e si mette a correre incontro per risparmiarci le forze e i passi perché il suo amore così grande che gli basta un solo nostro atto di volontà, il resto lo fa Lui.
Sr. M. Viktoria di Gesù
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