Si sospendono le attività didattiche, si chiudono i luoghi di aggregazione, si limitano al minimo indispensabile gli spostamenti. Si evitano gli abbracci, le strette di mano, i baci.

Tutto deve rallentare, fermarsi. Ma non lo spirito. Non deve spegnersi la domanda di senso e nemmeno la speranza di trovarlo. Non deve neutralizzarsi quella meravigliosa capacità dell’uomo che è la contemplazione del mistero della vita.

Tante riflessioni girano sui social in questi giorni: alcune tentano di ironizzare per sdrammatizzare, alcune fomentano inutili polemiche, ma altre cercano di riflettere seriamente su quanto stiamo vivendo.

Ed è questa l’occasione: fermarsi per riflettere.

Costretti a restare a casa con la propria famiglia, ci si guarda in faccia e si cerca di capire come vivere questo tempo. Su cosa si basano le nostre giornate? Qual è la qualità delle nostre relazioni dentro e fuori casa? Quali sono le certezze su cui poggiare la nostra fragile e precaria esistenza?

È vero, non tutti sono costretti a fermarsi. C’è chi combatte in prima linea per affrontare l’emergenza con un turnover d’eccezione se pensiamo ai medici e a tutto il personale sanitario. Ma per tutti, o meglio, in tutti nascono gli stessi interrogativi sulla vita dell’uomo.

Dentro a tale situazione anche noi, carmelitane, religiose dedite alla pastorale sanitaria (soprattutto nel nord Italia) e a quella educativa nella scuola e nelle parrocchie, ci troviamo a valorizzare ulteriormente la forza di due cardini della nostra vita: la contemplazione e la comunione fraterna.

In particolare, le nostre comunità hanno deciso di vivere intensamente questi giorni intensificando la preghiera comunitaria per stare “davanti a Dio per tutti” come ci insegna Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e, nel contempo, tornare ad una vita fraterna “a più stretto contatto” in un momento storico in cui invece il contatto tra le persone deve essere evitato. La vita comunitaria dentro ad un convento può essere vista, talvolta, da un osservatore esterno come qualcosa di chiuso. Invece oggi la vita comunitaria religiosa, nell’essenza per cui è nata, può rivelare ad un mondo spaventato dal contagio che è possibile coltivare relazioni di vera condivisione, di aiuto reciproco e di rispetto profondo ruotando unicamente attorno alla persona di Cristo e alla sua Parola. Vivere attorno al focolare domestico che è l’amore trinitario e riscoprirsi figli di Dio Padre che ci ama e ha cura di noi è la forza e la speranza che anima le nostre giornate. La certezza di un amore così possa illuminare e scaldare il cuore di tanti italiani e delle tante famiglie che in questi giorni vivono il dramma della malattia, della perdita dei propri cari, o anche solo la paura del contagio e la fatica di una gestione totalmente diversa della propria quotidianità.

Crediamolo davvero: “Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio” (Rm 8,28) perché chi ama Dio e lo cerca con tutto sé stesso acquista anche quell’intelligenza spirituale capace di leggere la sua misteriosa e provvidente azione fra le pieghe di una situazione difficile e drammatica come questa.

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