La parabola di questa domenica (Mt 25,14-30) è tanto famosa quanto passibile di interpretazioni ingannevoli. C’è un padrone che prima di partire consegna ai suoi servi dei talenti: una somma ingente di denaro. A ciascuno dà la quantità di cui è capace per investirli e farli fruttare. I primi due servi riescono a raddoppiare il grande dono che il padrone aveva fatto loro, mentre il terzo servo sotterra il talento, lo nasconde e lo lascia lì per paura che il padrone torni a riprendersi il dono e non trovi più nulla.
Mentre i primi due servi vengono lodati dal padrone e possono prendere parte alla gioia del suo regno, l’ultimo servo viene cacciato nel “pianto e nello stridore di denti”.
Cosa ha sbagliato il terzo servo?
Nella traduzione italiana l’espressione συναίρει λόγον(sünairei logon) viene tradotta con “regolare i conti” quando il padrone torna dopo molto tempo dai servi. L’espressione greca, però, vuole anche indicare come primo significato quello di “riunirsi insieme” per raccontarsi. Cambia di molto l’immagine che ci facciamo del padrone.
Non si tratta quindi di una regolazione commerciale dei conti, quasi il Signore domandasse conto dei guadagni che i servi potevano restituirgli, bensì di un riunirsi insieme per raccontarsi la vita e come si vuole viverla. Vuoi rimanere schiavo della paura del padrone senza comprendere di aver ricevuto un dono da mettere a frutto per vivere in pienezza oppure vuoi vivere da amico ed erede del Signore che ti ha donato tutti i suoi beni?
Ciascuno di noi ha ricevuto tanto quanto per vivere in pienezza, per portare frutto. Non sta a noi quantificare o fare confronti. Il dono immenso della vita che ci è stato fatto offre a ciascuno di noi di poterla vivere senza nemmeno sprecarne una briciola. O ci fidiamo e siamo nella gioia o viviamo nella paura che tutto sfugga e che tutto sia solo una ingiusta fregatura.

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